Parte seconda

Montepiesi  anno 13  n.2,  febbraio 1982

I PRIMI CRISTIANI

“Vi dico: se essi taceranno, griderebbero le pietre”

Luca  19,40

La nuova religione cristiana, da Roma, rapidamente si diffuse alle zone circonvicine e poi a quelle più lontane lungo il sistema viario romano.

Attraverso la via Cassia giunse a Chiusi, come dimostrano le due catacombe di S. Mustiola e S. Caterina (quest’ultima pochissimo conosciuta e studiata).

La catacomba si apre sul lato destro della strada che da Chiusi Scalo sale verso Chiusi; in una collinetta di arenaria la cui compattezza permette di scavarvi gallerie con relativa facilità. Il nome gli deriva da una cappella che sorgeva nella zona dedicata a S. Caterina delle Ruote.

La scoperta avvenne per caso nel 1848 durante lavori agricoli e subito ci si rese conto che si era di fronte ad un cimitero cristiano visto le analogie con la Catacomba di S. Mustiola scoperta fino dal 1634.

Il cimitero è costituito da alcuni cunicoli dove si aprono arcosoli contenenti una o più tombe chiuse da tegoloni.

Numerose le iscrizioni in massima parte caratterizzate dalla invocazione agli dei Mani che però, ha perduto il primitivo significato ed è entrata fra le comuni decorazioni del lapicida[1].

Commovente la storia che ci “raccontano”  due epigrafi da cui si rileva che in questa catacomba fu sepolto il figlio e il padre, quest’ultimo marito di Aurelia Sabina che ad entrambi dette sepoltura.

Un’epigrafe blasfema, graffita su un ambulacro, costituiva, secondo il Liverani  “il più bel monumento di Chiusi e forse della cristianità”[2].

Si può rendere così in italiano:


Dum vibes

homo vibe                                                Vivi la vita finchè sei in vita o uomo:

nam post                                                           oltre la morte è il niente,

mortem ni                                                               tutto  rimane qua.

hil est om                                                        E’ quello che vedi o uomo!

nia rema

nent et hoc

est homo

quod vi

des.

Fu fatta  cancellare dal Mons. Mazzetti  che ravvisò in quelle parole un insulto per la religione di Cristo. Purtroppo, questa catacomba, già nel 1855 subì una devastazione causata da un allagamento poi, con il moderno sviluppo urbano di Chiusi Scalo, ha subito altri numerosi danni e rimaneggiamenti, persino l’anico accesso è stato distrutto. Recentissimi lavori murari hanno determinato altri crolli tanto che si è dovuto provvedere  a risistemare l’ingresso mediante una doppia rampa di scale. A questo punto speriamo che dopo due anni di inagibilità la catacomba sia riaperta alla visita dei turisti e dei fedeli.


[1] Fabrizi, Paolucci, Chiusi: rivivere il passato, p. 3, 1981.

[2] Liverani, Le catacombe di Chiusi, p.166, 1872.